EWA & PIOTR
di Lorenzo Castore (2011)

In queste foto ci sono Ewa e Piotr Sosnowski: sono fratello e sorella e vivono insieme da quasi dieci anni, quando loro padre Marian è morto. Per sei anni ho avuto una casa a Cracovia dove ho vissuto parte dell’anno. Più o meno dallo stesso periodo incontro Ewa per la strada, al parco con il cane, sul tram. Ho sempre – da subito – avuto una forte fascinazione per lei, così prendendo coraggio ho provato ad avvicinarla, a parlarle, a fotografarla senza alcun risultato nel corso di due anni. Solo rifiuti netti e sprezzanti. Poi un giorno visito una mia cara amica che vende anticaglie in un mercatino di piazza: mi racconta di essere stata avvicinata da una donna dai modi e dall’aspetto fuori dal comune che voleva venderle delle fotografie scattate dal padre dove la natura e i ritratti avevano la parte più importante. Ewa. L’ho descritta a Ludmilla in dettaglio e ho avuto conferma che si trattava di lei. Chiedo di organizzare un incontro che avviene la domenica seguente in un caffè vicino al mercato delle pulci. Ewa mi fa paura e mi attrae come durante i miei primi approcci. Poi c’è il problema della lingua: io non parlo polacco, lei non parla inglese. Attraverso una traduzione approssimativa provo a dirle due parole che ascolta distrattamente, le chiedo di poterla fotografare con una certa continuità e lei un po’ seccata accetta ma solo in cambio di soldi, che vuole immediatamente consegnati dopo le prime poche fotografie. Mi invita a casa sua per un tè subito dopo, e scopro che vive al numero 43 della mia stessa strada. Arrivo e mi apre la porta di un mondo che da quel momento ha cominciato a far parte della mia vita per anni. Rimango stupefatto. Ewa nella mia immaginazione era una sorta di Greta Garbo in pensione, una signora eccentrica che viveva sola con tanti gatti e il cane in una grande casa signorile anche se un po’ lasciata andare. Non era esattamente così. Ewa è molto elegante, sempre. Ogni golf, maglietta, gonna, scarpe, giacca è sempre scelto con cura, ogni abbinamento è sofisticato come il suo portamento. Ma quando si entra nel suo appartamento si lascia il mondo normale per un’altra dimensione, un paesaggio interiore che è uno stato mentale: tutto è decaduto, fatiscente, marcito, l’odore è insopportabile, non c’è energia elettrica da quattro anni, né gas né acqua calda. Sono arrivato di sera e quindi al buio, mi ha aperto la porta con una candela che le illuminava il viso mentre sullo sfondo si sentiva il cane Miszek abbaiare furiosamente. Dopo aver acceso qualche altra candela è apparsa tra le coperte accatastate sul divano la figura di Piotr, suo fratello. Abbiamo bevuto insieme in questo oscuro luogo di incubo con Ewa che si eccitava sempre più e urlava, rideva, cantava; il cane che in preda a una febbrile agitazione saltava, leccava, abbaiava, distruggeva il distruggibile; Piotr ubriaco e impassibile sul suo divano-letto che fumava cercando di partecipare alla conversazione in un misto di approssimativo inglese, ungherese e tedesco. Ad un certo punto usciamo con i brividi che correvano sulla schiena. Ludmilla mi dice di non volerci mettere più piede, che l’inferno – in caso – sarebbe venuto a suo tempo e che non voleva anticipare i tempi. Io invece il giorno dopo ero lì e da quel momento in poi ci sono tornato regolarmente. Ora siamo intimi e tanto potrei dire del nostro rapporto, di come abbiamo imparato a conoscerci e come abbiamo cominciato a volere bene, così, perché no. Certo io volevo fotografarli, e loro volevano il mio aiuto. Ma è più di questo. A volte Ewa non sopporta le condizioni dell’appartamento e pulisce un po’, a seconda dell’umore: un giorno sono arrivato e ho trovato sparse per terra centinaia di lettere e cartoline ma soprattutto fotografie. Continuavano a uscire da dietro i mobili, dai cassetti, da sotto il parquet. Sbucavano dappertutto. Ed erano belle. Una vita, un’infanzia, non le solite foto. Ho chiesto loro di darmele e hanno acconsentito; l’ho fatto perché non volevo che andassero perse, distrutte o vendute separatamente. Volevo che rimanessero insieme. Un giorno a Roma ho trovato in una rilegatoria fuori mano un album scolorito dal sole che ho comprato e cominciato a comporre. Credo di averlo fatto e disfatto sette volte: volevo dare loro un oggetto compatto che potessero sfogliare e risfogliare quando e se ne avessero avuto voglia. Poi però ho pensato che lo avrebbero venduto lo stesso come pezzo unico e ho deciso di tenerlo. Di foto ne ho tante, molte più di quelle che ho incluso: ho cercato di ricostruire un’infanzia cercando di capire chi era chi, facendo di testa mia, senza avere ben chiara la reale cronologia o i dettagli della loro storia.Una volta finito gliel’ho fatto vedere. Ho proposto di usare queste vecchie foto in relazione a quelle che ho fatto loro nel corso di questi anni e ho promesso che se fossi riuscito a farne qualcosa avrei pagato il debito che hanno con la società dell’energia elettrica e poi il reinstallo della corrente. Hanno accettato. Ora ci sono altri problemi: il soffitto, il pavimento e le mura sono troppo marci per sostenere il riallaccio con molto probabile rischio di corto circuito ed incendio, Piotr è in attesa di essere trasferito in un pensionato pubblico dove potrà essere assistito adeguatamente. Vedremo cosa succederà con Ewa. Nel frattempo – dalla prima volta che ho messo mano a questo testo – le cose sono cambiate ancora tante volte e continueranno a trasformarsi. Hanno riavuto la luce e l’hanno ripersa. Ora non vivono più insieme. Mi fermo qui.

Perché fare tutto questo?

Per il non-senso, per condividere un’esperienza umana, per non giudicare, per la bellezza inaspettata, per il piacere di identificarsi in tutto, per rendersi conto ancora una volta che niente si fa da soli, per quello che non sappiamo e di cui non si può dire. La famiglia di Ewa e Piotr era una famiglia benestante, poi hanno perso tutto. Tante sono le cause che hanno portato a questo ma non voglio dire troppo di loro, non voglio raccontare la loro vera storia con le mie parole o attraverso la mia interpretazione razionale. Ci sono le foto della loro infanzia, le mie del nostro tempo insieme, e un film (co-diretto con Adam Cohen) che non chiarisce niente, che non informa dei fatti, in cui Ewa e Piotr parlano e dicono quello che vogliono dire e rispondono come vogliono rispondere. Per reinventare, perché la verità non è letterale ma assoluta e dappertutto. La storia di un mondo in due stanze. Anche no. Una storia. Ewa e Piotr sanno ridere e far ridere, hanno cultura, eleganza e sensibilità. Non sono patetici. Sono quello che sono. Hanno avuto quello che hanno avuto. La vita è una, e a volte è strana. Piotr dice di no.